Gabriele Turola
Ritratto di Gianni Baldo uomo e artista che sogna la luna con i piedi per terra
Gianni Baldo esteriormente si presenta come un personaggio eccentrico, ma non per questo proiettato al di fuori del mondo. Ti guardava in faccia con occhi brillanti e con un sorriso un pò sornione ma benevolo. Alto, snello, con la testa incoronata da un eterno berretto, una coppola, che gli conferiva un’aria “militare”, simile all’elmo di un cavaliere che combatte per i suoi ideali, un Don Chisciotte lunare e ironico.
Quando mi telefonava per chiedermi la presentazione al catalogo di una mostra personale o collettiva, allestita insieme ai colleghi che formavano lo schieramento ben compatto del gruppo da lui “capeggiato” (parola, questa, nel suo caso priva di ogni accento autoritario), ci incontravamo in un bar a Ferrara di fronte al metafisico
castello estense, immortalato da De Chirico. Qui seduti ai tavolini conversando all’aperto, sotto il cielo ora azzurro e ridente, ora grigio, avvolto dalle nebbie della Val Padana, discutevamo prima di tutto sul titolo da assegnare alla mostra, poi sulle coordinate da seguire, sul discorso critico da sviluppare. Mi spiegava i suoi intenti, mi parlava dei problemi riguardanti la società contemporanea, quali la new economy, l’ecologia, la globalizzazione, sottolineava la serietà del mestiere di pittore, la padronanza della tecnica, elogiava lo spirito dell’antica tradizione ma anche la linfa vitale dei nuovi fermenti.
Era consapevole che l’arte deve affrontare alcuni problemi inerenti alla nostra era tecnologica e informatica. Sapeva guardare al futuro senza ripiegare in sentimenti nostalgici, si proponeva di entrare nel dibattito attuale grazie a una attività ininterrotta presentando la sua immagine di artista di avanguardia che non ha smarrito la memoria degli antichi valori, coniugando il Passato e il Futuro, la Tradizione e la Modernità. L’albero, motivo ricorrente nelle sue opere, per l’appunto affonda le radici nelle viscere della terra, nel mondo degli archetipi, dei miti primitivi e nello stesso tempo tende i rami verso il libero cielo abbracciando l’orizzonte aperto. Nelle mie presentazioni ho evidenziato l’aspetto dominante del lavoro di Baldo, del suo gruppo: il binomio indissolubile fra Uomo e Natura, ragione e piacere, scienza e fantasia. I titoli fantasiosi dei cataloghi da me firmati erano spesso scelti da Gianni stesso, alcuni di questi titoli, come “Cinque artisti fra tradizione e futuro”, “Il cerchio dei mutamenti”, “Archetipi misteriosi”, “I colori della riflessione”, “Gesti che raccontano” illustrano bene la personalità di un uomo moderno che vive nel suo tempo, le caratteristiche di un sognatore con la testa sulla luna e i piedi ben piantati per terra.
Per lui come anche per me il glorioso passato, il mondo classico, il Rinascimento o ancora più indietro nel tempo le pitture rupestri di Altamira, l’arte egizia o etrusca, insomma la Tradizione si riallacciano alle nuove istanze delle avanguardie seguendo una linea coerente. Oltre alle opinioni condivise, eravamo uniti da stima reciproca, rafforzata da caratteristiche a noi comuni: ovvero la capacità di intendere l’arte, la cultura non come una formale cerimonia, come un rito ripetitivo, ma come qualcosa di estremamente vitale e coinvolgente, un lavoro onesto, dignitoso, un gioco serio e importante, una grande avventura. Ammiravo il suo carattere brillante, garbato. Grazie al dono della sintesi esprimeva i suoi concetti chiaramente senza retorica o voli pindarici con assoluta semplicità, evitando di indulgere ad atteggiamenti superficiali.
Mi parlava di tante persone a cui eravamo legati da amicizia e da rapporti di lavoro astenendosi dal pettegolezzo, da quella facile tendenza che porta a giudicare, a puntare il dito. Andava d’accordo con tutti ma non per questo si rivelava qualunquista, difendeva le sue posizioni personali rispettando le altrui opinioni. Proprio quel suo aspetto di cavaliere lunare capace di galoppare in sella al cavallo della fantasia e di salire sulla luna gli permetteva di dire la verità senza offendere nessuno comportandosi con quella leggerezza elogiata da Italo Calvino, la leggerezza di chi è consapevole di appartenere a una dimensione superiore, di chi osserva questo mondo dall’alto non con superbia e snobismo ma col distacco dell’idealista, con l’ironia di un autentico e moderno cavaliere che combatte una sua battaglia, mite, gentile, armato di pennelli e di idee senza lasciarsi sopraffare dagli aspetti negativi del mondo reale. Gianni Baldo affrontava il pubblico di piccoli centri senza nessuna forma di snobismo e senza sentirsi nello stesso tempo complessato, semplicemente sapeva essere se stesso, difendeva e diffondeva le sue idee con coerenza ammirevole presentando al pubblico opere d’arte che racchiudono non solo colori e forme ma anche problemi di scottante attualità.
Così con le mostre testimoniava l’attività ininterrotta di un gruppo compatto, di un esercito da lui guidato come un pacifico comandante, come un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento, ovvero contro i falsi miti che vengono esaltati, contro il degrado ambientale, contro il consumismo deleterio, contro un potere nichilista
che mira a inquinare la terra e le coscienze. Gianni non ha mai assunto una maschera, è sempre rimasto se stesso, un uomo genuino radicato in sani principi, deciso a difendere il rispetto per la Natura, l’importanza di un’arte autentica basata sulla serietà, sullo studio, sulla conoscenza della tecnica, sul binomio forma-contenuto. Con la stessa convinzione l’artista di Reggiolo ha sostenuto e dimostrato il valore dell’amicizia, intesa quale espressione di rapporti sinceri costruiti sulla gioia dello stare insieme, sulla lealtà, sul calore umano.
Quasi sempre nelle mostre da lui curate era presente la moglie Marinella, a volte anche il figlio, un ragazzo alto e dinamico. In questo modo ci si sentiva in famiglia, la galleria che accoglieva le opere esposte era avvolta da un’atmosfera di cordiale partecipazione. Gianni Baldo è riuscito a conservarsi un idealista forse anche perché viveva in un piccolo centro di provincia, a misura d’uomo, lontano dal caos delle metropoli. Guardava la luna da buon sognatore ma con i piedi ben radicati nel terreno, coltivava il suo piccolo-grande orto, un pò come Giovanni Guareschi, il creatore di Don Camillo e Peppone, il quale credeva nel piccolo mondo contadino, artigianale quale fonte di energia vitale, ispiratore di solidi valori morali. Gianni Baldo ci ha insegnato che l’arte vera, autentica, sia piccola o grande, non consiste in una forma puramente decorativa, in un accessorio superfluo, non si riduce a uno svago per intrattenere il pubblico come un salotto dove si scambiano pettegolezzi, ma ci tocca tutti da vicino perché grazie ad essa si afferma la civiltà, grazie ad essa l’uomo evita di regredire alla barbarie, riesce ad apprezzare la bellezza della Natura, a godere i piaceri dei sensi, delle mente, a sviluppare le sue facoltà creative, si accorge che questo pianeta, piccolo ma importante, naviga nel mare dell’universo, circondato da miliardi di stelle e galassie. Il cielo stellato non è poi così lontano, veglia su di noi, come pure la luna, così cara all’artista di Reggiolo.
Ferrara, 6 giugno 2011
Dal libro "Una storia bella. Gli amici raccontano Gianni Baldo"